La rivincita del cibo dei poveracci

La storia della friggitoria, da noi, parte dallo “sfinciaru” colui che gestiva il locale dove si friggevano non solo “sfinci”, ma pure verdure in pastella, panelle, cazzilli, rascatura, pesci a buon mercato, e, a secondo dei periodi dell’anno, pure le arancine. Tutta roba da mangiare con le mani parlando d’affari, d’amore, e andando su e giù per i vicoli degli antichi mercati.
Regina fu la panella, che non deve superare i 2-3 millimetri di spessore, e che immersa nell’olio bollente assume una terza dimensione. Un tempo era a forma di pesce con il prezzemolo a fare da scaglie. “Piscipanelli” furono dette fino a metà dell’Ottocento, come scrisse il professore Giuseppe Pitré. Con ciò che restava nel tegame, raschiandone il fondo, si ottenevano le rascature parenti povere, ma pur sempre piccole delizie che facevano di un antica mafalda un piatto da re.
Con la purea di patate nacque una nostrana croquette che definimmo cazzillo giacché lo standard produttivo indicava nel dito medio la dimensione esatta e in trenta grammi il peso. Guai ad addentarlo: si schiaccia con la lingua contro il palato in modo che colpisca tutte le papille gustative.
La melanzana fritta a quaglia è un’altra delizia della nostra cucina di strada: si lascia intero il gambo, si fanno due spacchi ai lati e una serie di piccoli tagli sul fondo prima della frittura in olio bollente: delizia sottile capace di infliggere segni indelebili se non si mangia con accortezza: stretta nell’abbraccio della mafalda lascia colare l’olio di frittura che, immancabilmente, finirà sulla cravatta, sulla vostra epa e giù fino alla punta delle scarpe se dimenticate di portare indietro il sedere mentre l’addentate.
Veniamo all’arancina. O arancinu? Sono esatti entrambi i termini giacché aranciu in lingua siciliana è il nome che abbiamo dato all’arancio amaro portato dai saraceni, mentre il femminile fu dato dai palermitani a quelle arance dolci giunte dal Portogallo alla fine del Quattrocento e con cui nacque la Conca d’oro. Loro le dissero larancja in portoghese e noi Portogallo/partualli. Per rispetto? L’arancina vi dà l’emozione di stringere tra le dita più di mille anni di cucina. La sua origine è saracena. Fu un piatto di riso profumato di zafferano, con odori e verdure a cui si aggiungevano straccetti di carne di montone o di pollo come si fa ancora in Nord Africa. Un risotto, insomma, reso da asporto con la forma di un’arancia e friggendola poi per portarla lontano da casa, pensando alle donne della famiglia che l’avevano preparata per i lunghi viaggi degli uomini. Ricordiamoci che accompagnò sempre i nostri emigranti: era l’ultimo sapore di casa oltre lo Stretto.
Gaetano Basile, giornalista e storico
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